India, tra spiritualità e folklore
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India, tra spiritualità e folklore

La galleria delle mie foto in riproduzione automatica, anche a scorrimento tramite frecce da Pc o touch con telefono si apre in pochi istanti qui sotto

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Spiritualità o folklore?

Sto per ripartire per l’India e nel mezzo dei preparativi mi è venuta voglia di rivedere qualche foto dei viaggi precedenti. Come al solito dopo averle guardate ho trovato calzante e geniale lo slogan usato dal Governo indiano nella famosa campagna pubblicitaria: “Incredible India”. Quelle poi fatte a Varanasi, visitando i templi, sui gat o a volte anche per strada fanno riflettere sulla figura degli Shadu. A seconda dell’aspetto, del contegno o di ciò che riescono a trasmettere generalmente viene deciso se ci si trova dinanzi a spiritualità o folklore. Ma in India non è così scontato.

Foto tratte dai viaggi “India Centrale Breve” effettuato nel mese di marzo 2016 e “India Orissa” effettuato tra i mesi di dicembre 2018 e gennaio 2019 con Avventure nel Mondo.

Tra tutte le cose caratteristiche, originali e inconsuete dell’India, che sono tante, sono irresistibilmente attratto dagli Shadu e di conseguenza ne ho fotografati tantissimi, ho così deciso di pubblicare alcune foto in questo articolo.

Il concetto indiano della santità è molto diverso dal nostro e non è necessariamente (anche se spesso) associato al “bene” e sicuramente alcuni santi indiani non sarebbero considerati tali da noi. Non tutti i Sadhu sono sant’uomini quindi, molti non appartengono a nessun ordine, nè hanno ricevuto istruzione o iniziazione alcuna e a volte sono persino figure dubbie che finiscono per gettare ombre su questa pratica nobile e antichissima. Personaggi folcloristici che si propongono per le foto con noi turisti o peggio ancora, che si improvvisano Sadhu per godere dell’immunità totale, la benevolenza, le elemosine, la libertà di movimento e il rispetto, ma anche il timore, che la società indiana riserva a queste figure uniche al mondo.

La rinuncia

La rinuncia è il requisito fondamentale della vita di uno Sadhu. Il voto di povertà gli permette di possedere solo il minimo indispensabile alla sopravvivenza e alcuni oggetti di uso rituale. Il minimalismo è d’obbligo anche nel vestiario: a parte i Naga che ricoprono il corpo solo di cenere, la maggior parte indossa solo un lungo pezzo di stoffa senza cuciture. Essi non lavorano, non producono, la loro sopravvivenza dipende dalle offerte dei devoti. Ciò è relativamente facile per i Sadhu dotati di carisma e quindi venerati dai fedeli; per gli altri è indispensabile mendicare.

India, Orissa Dhenkanal Joranda Mahima Sadhu Temple

Oltre la realtà

Ho trovato in rete questa riflessione sulla filosofia di uno Sadhu che la fotografa bene: “Si può dire che secondo la tradizione ascetica la razionalità è vissuta come un ostacolo lungo il sentiero dell’illuminazione. La mente, causa delle nostre sofferenze, è troppo condizionata dal mondo delle apparenze che è irreale e solo temporaneo. Perciò uno Sadhu lotta per cambiare la percezione del mondo reale e riprogramma la mente, sfonda il “velo dell’illusione” per vivere “la grande Realtà” che si cela oltre.”

Non è poi così facile quindi per un occidentale distinguere nel contesto sociale indiano in riferimento agli Shadu tra spiritualità e folklore.

Ho pubblicato altri articoli su viaggi in India: Orissa: i tatuaggi delle donne Kondh, Varanasi, il cuore spirituale dell’India, India, Orissa, Chandrabhaga, Hornbill Festival, il Festival dei Festival, I Konyak, gli ultimi tagliatori di teste

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